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Le Cinque Terre sono belle, ma Portovenere di più

Il titolo di quest’articolo potrebbe causare scompensi ai molti lettori, eppure sono sicura che ci sia qualcuno che si trovi d’accordo con me. Anzi, vi diro di più: alla fine di questa lettura probabilmente aggiungerete Portovenere e il Golfo dei Poeti alla lista dei posti da vedere almeno una volta nella vita.

Ho visitato le Cinque Terre in primavera. Le sognavo da una vita. Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso: borghi arroccati a picco sul mare, casette colorate, profumo di focaccia e di pesto nei carruggi. Un paesaggio unico e suggestivo, dove la terra e il mare si fondono perfettamente. Non a caso, dal 1997 fanno parte dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.

Ho amato in particolar modo Manarola e Vernazza, due cartoline delicate e senza tempo, ma ammetto che per ragioni di tempo non ci siamo soffermati moltissimo nelle altre tre (ed ecco un buon motivo per tornarci al più presto, devo ancora mangiare le acciughe di Monterosso!).

Manarola

Venne fondata durante il XII secolo: il nome deriva probabilmente da un’antica “magna roea”, una grande ruota di mulino presente in paese. Dopo Corniglia è la più piccola delle Cinque Terre, ed è collegata a Riomaggiore dalla celebre Via dell’Amore.

Una volta arrivati al centro del paese, è moralmente obbligatorio avventurarsi lungo il sentiero che costeggia il mare e culmina in località Punta Bonfiglio (per un super aperitivo vista mare aggiungete alla lista il NessunDorma).

Vernazza

E’ considerata da molti la più suggestiva e probabilmente, stando alla grande quantità di logge, portali ed elementi architettonici di pregio sparsi nei carruggi, doveva anche essere la più importante delle Cinque Terre: le prime notizie documentate risalirebbero ad un atto del 1080, dove viene citato il castrum Vernatio quale base marittima di partenza delle navi a difesa dagli assalti dei pirati saraceni.

Ciò che la rende unica è senza dubbio il porticciolo, cuore nevralgico del borgo: insieme alla piazzetta antistante costituisce un piccolo microcosmo in cui il tempo sembra essersi fermato. I tavoli dei localini apparecchiati con tovaglie colorate, l’odore della salsedine, le onde che si infrangono sugli scogli vicinissimi alla riva.

Tuttavia…

… l’iniziale meraviglia e l’emozione di essere finalmente lì hanno dopo un po’ lasciato spazio ad una riflessione piuttosto malinconica.

La bellezza di questi borghi è ormai nota in tutto il mondo (in questo senso, l’exploit di Instagram ha senza dubbio contribuito) e forse è proprio questo il loro problema: l’essere presi d’assalto da moltissimi turisti a caccia della foto ricordo perfetta e troppo poco interessati a scoprire la storia e l’unicità di questi posti.

A marzo la situazione era ancora abbastanza gestibile, ma non voglio neanche immaginare cosa siano quei vicoletti in una domenica di luglio.

Quando viaggio, dentro di me coesistono sempre due parti contrastanti fra loro: da un lato, la me che si arrampica perfino sui muri per scattare una foto; dall’altra, quella me un po’ vintage e un po’ sognatrice che alla fine dei conti sente l’esigenza di vivere pienamente, piuttosto che fotografarli e basta, quegli attimi che poi diverranno ricordi.

Alle Cinque Terre ho visto scorci meravigliosi e altrettanti turisti frettolosi. Perché invece, una volta scattata la foto, non soffermarsi a respirare il profumo del mare? Trovo che il turismo di massa degli ultimi anni abbia inevitabilmente influito sull’autenticità e sull’atmosfera che si respira in questi borghi.

Fatta questa considerazione personale, che nulla vuol togliere alla loro oggettiva bellezza, parliamo di cose più concrete.

Come muoversi

Le Cinque Terre sono un territorio fragile tanto quanto unico: passeggiando nei carruggi strettissimi potrete sentire il suono dell’acqua che scorre sotto i vostri piedi, in mezzo alle rocce sulle quali sono state edificate queste casette centinaia di anni fa. L’acqua scorre, scorre, e consuma… E a causa del maltempo si verificano frane e allagamenti.

Per questo, il primo consiglio spassionato che vi do è di non raggiungerle in macchina.

I parcheggi sono piuttosto cari e (giustamente direi)  lontani dal centro dei paesi. La soluzione migliore, soprattutto se non avete molto tempo, è il treno: acquistando la Cinque Terre Express Card potrete viaggiare illimitamente per tutta la giornata.

Il trenino passa praticamente sul mare (immaginate il panorama mozzafiato?) e le stazioni si trovano al centro del paese: per farvi capire, Manarola e Vernazza distano poco più di una decina di km. In treno impiegherete poco meno di un quarto d’ora, in macchina più di mezz’ora, senza considerare il costo del parcheggio, il sudore ogni volta che per quelle strade incontrete una macchina che viene dalla direzione opposta alla vostra, e la camminata lunghissima per arrivare in paese.

In alternativa al treno, potete optare per il battello! Certamente gli spostamenti richiedono maggior tempo, ma ammirare le Cinque Terre dal mare è un’esperienza da fare una volta nella vita.

Se decidete di visitarle in giornata come abbiamo fatto noi, per un pranzo veloce e memorabile vi consiglio la pizzeria “La Cambusa a Manarola: immaginate la nostra faccia quando siamo entrati e abbiamo trovato al banco decine di versioni della celebre fügassa ligure!

Portovenere

E adesso veniamo al titolo di quest’articolo. Le Cinque Terre sono belle, ma Portovenere di più. Il perchè ve lo spiego subito: a Portovenere, semplicemente, ho respirato per la prima volta l’essenza vera della Liguria.

Portovenere non è una cartolina, Portovenere è viva.

Ci troviamo nell’estremo ovest del Golfo dei Poeti, quel lembo di terra tra Liguria e Toscana che nei secoli ha ispirato artisti e scrittori, come Montale, Wagner, Virginia Woolf e Lord Byron. Di quest’ultimo porta il nome la celebre Grotta, una caletta a lui particolarmente cara in cui si rifugiava per meditare.

La leggenda vuole che Byron, poeta maledetto, libertino e giramondo si sia tuffato nelle acque circostanti sfidando il mare a nuoto per 8 km per raggiungere l’amico Shelley, anch’egli poeta, che soggiornava proprio nella vicina Lerici.

Portovenere è un borgo pulito, curato e valorizzato nei minimi dettagli, in cui le tinte pastello delle case si fondono con l’azzurro intenso del mare.È uno di quei posti che ti fa esclamare “voglio venire a vivere qui!”, è quello che l’immaginario collettivo definisce “un borgo di pescatori” in cui il ritmo della vita è scandito dai tempi del mare.

Qui i carruggi pullulano non solo di locali e negozi di souvenir, ma anche di bambini che giocano, di vecchiette che stendono il bucato. Il porticciolo non è ridotto a un mero punto panoramico sul mare: il viavai dei pescatori, l’odore forte del pesce sono parte integrante di quell’atmosfera autentica di cui vi parlavo prima. Non si ha insomma quell’impressione che tutto sia creato ad hoc per i turisti.

Vicino alla Grotta di Byron, arroccata in cima ad un promontorio a picco sul mare, sorge la Chiesa di San Pietro: costruita nel 1277 in stile gotico genovese, costituisce senza dubbio uno dei posti più incredibili e suggestivi che abbia mai visto in vita mia. Non so spiegarvi bene come mi sono sentita quando sono arrivata lì in cima, con un tramonto mozzafiato da un lato e il rumore delle onde dall’altro. E poi, il verso insistente dei gabbiani. Una miriade di gabbiani che volano sopra San Pietro e sembrano attendere il rientro dei pescherecci.

Lascio parlare le foto.

Naturalmente, non sto neanche a specificarvi quanto possa essere romantico questo posto. Perciò, per concludere al meglio la giornata, potete soffermarvi a cena con vista mare in uno dei locali vicino al porticciolo: personalmente vi consiglio il Ristorante Elettra che noi abbiamo apprezzato per l’ottimo rapporto qualità/prezzo.

Mi sono dilungata molto più del previsto, spero mi perdonerete! E se siete arrivati fin qui con la lettura… vi ringrazio davvero di cuore.

#ExploraSueñaDescubre

Grazia

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